Pasquale Amato - Cronache

Un'entusiastica dimostrazione a PASQUALE AMATO al Metropolitan di New York

Gli habituées dell'aristocratico teatro newiorchese, entusiasti del celebre baritono per dimostragli la loro grande e inalterabile ammirazione, alla ricomparsa del prediletto artista nei Pagliacci, l'accolsero con feste immense, seguendolo, poi, con attenzione, anche più viva delle sere precedenti, in tutta la stupenda interpretazione della parte di Tonio.

I giornali della capitale, descrivendo la commovente serata, inneggiano al festeggiato, che cantò e agì in modo meraviglioso, come si potrà rilevare dagli articoli che pubblichiamo.

L'Amato di cui il telegrafo ci informa del nuovo trionfo riportato nel Barbiere, sarà il protagonosta del Falstaff, che - diretto da Toscanini - si darà, il ventuno venturo, a Busseto per l'onoranze a Verdi.

 

NEW YORK JOURNAL: - Il signor Pasquale Amato, che interpretava Tonio, si distinse per virtù di fatto. Dando probabilmente più passionale abbandono alla sua interpretazione di quanto dava le altre volte.

Il signor Amato è uno dei primi baritoni del Metropolitan questo non vi sarebbe di dirlo in caso ordinario, ma iersera sembrava una specie di singolare e straodinaria occasione,  straordinarie cose che fanno sensazione nella aritmetica operistica. Una delle straordinarie cose fu il molto decantato debutto di Titta Ruffo la sera prima, un baritono anche e abbastanza costoso da mettere insieme quattro cifre delle quali la prima è più che un’unità.

 La grande udienza fece un poco di aritmetica per suo conto e quando il signor Amato venne fuori per cantare il prologo e provò che in casa vi era anche qualche baritono, fu fatto segno di qualche cosa che si può solo giustamente descrivere chiamandola dimostrazione. E in vero egli ne fu meritevole perché il suo canto e la sua azione scenica raggiunse un vero splendore nell’intesità che non fu priva di grande varietà di finezze nei più piccoli dettagli.

(N.d.R. la leggibilità di questo articolo è piuttosto faticosa, credo che il traduttore dell’epoca avesse qualche problema con la lingua inglese, tuttavia per correttezza storica ho trascritto il tutto parola per parola )

 

EVENING TELEGRAM: - Il signor Amato declamò il prologo con insolito vigore prolungando qualche sua nota onde dimostrare che lui, volendo può essere uguale al fenomenale baritono presentato la sera prima.

 

NEW YORK AMERICAN:- Il Tonio dell’occasione, come al solito fu il favorito baritono Amato che ottenne una vera ovazione dopo la splendida esecuzione del prologo.

 

EVENING MAIL:- Amato fu un Tonio superbo iersera sfoggiando la sua piena rotonda e sonora voce che suscitò un clamoroso applauso.

 

NEW YORK MORGEN JOURNAL:- Amato cantò ancora la parte di Tonio e dopo il prologo che disse con temperamento e passione, si ebbe una grande ovazione, questa volta vi era un significato di più in questa grande accoglienza e che è facile spiegare. Il pubblico volle dimostrargli che il nuovo astro venuto da Filadelfia non avava oscurata la luce del suo favorito.

 

SUN: - Non era necessario di portare Titta Ruffo per farci  per farci conoscere la possibilità di una forte voce di baritono. Noi siamo seduti avanti a Pasquale Amato da diverse stagioni egli può cantare forte quanto ogni altro e la sua voce è di reale bellezza. Amato ha certo anche lui il solito manierismo vocale, ma quando canta, come ad esempio cantò mercoledì sera, noi dobbiamo inchinarci e aggiungere nuovi allori alla sua corona artistica.

 

EVENING SUN:-  Un’udienza straordinariamente affollata prese l’occasione difare a Pasquale Amato una speciale ovazione dopo il prologo. Forse il tanto parlare del  nuovo venuto aveva messo il favorito baritono nella migliore delle forme e difatti egli cantò con tanto fuoco che il pubblico lo chiamò riprtute volte alla ribalta, facendogli una dimostrazione di così marcata personale cordialità che il cantante, nel suo vestito da clown’s  fu commosso fino alle lacrime.

 

EVENING WORD:- Amato quale Tonio superò se stesso. L’esecuzione del prologo sempre rimarchevole, fu distinta più che al solito da una faffinatezza di canto ed artistica impressione. Sembravo come se deliberatamente volesse evitare ogni effetto sensazionale. L’applauso che coronò il suo fine canto fu tale che un artista inferiore avrebbe fatto il bis.

 

BROOKLYN EAGLE:- Amato come al solito, fu uno splendito Tonio e il suo prologo suscitò un clamoroso applauso.

 

NEW YORK ZEITUNG:- Amato Tonio, fu vocalmente e artisticamente straordinario come sempre e cantò il prologo in modo superbo.

 

GIORNALE ITALIANO:- Amato cantò il prologo come lui lo sa cantare coll’aggiunta di uno sforzo maggiore per superare se stesso, pensando forse al successo che la sera prima aveva avuto Titta Ruffo. Pasquale Amato però non ha bisogno di preoccuparsi di queste cose. Egli è sempre quel grandissimo artista che tutti conosciamo e l’arte sua è sempre superiore. Infatti nel prologo iersera riuscì a superare se stesso e mise un paio di quelle note che sbalordiscono e cantò con un sentimento profondo e con una scuola impeccabile, con una naturalissima scena tutta la sua parte.

 

PROGRESSO ITALO AMERICANO:- Diciamolo subito: Pasquale Amato fu un Tonio superbo. Cantò il prologo con voce poderosa e con squisito sentimento. Evidentemente all’indomani del debutto di Titta Ruffo egli non voleva che si notasse una differenza a proprio discapito. Così egli mise in campo tutte le risorse dell’arte sua maiuscola e drammatica e della sua magnifica voce. Ed il pubblico applaudendolo entusiasticamente mostrò di avere l’Amato in non minore considerazione.

 

WORLD:- Con il ricordo dell’avvenimento di Titta Ruffo la sera prima al Metropolitan accorse una grande folla iersera con ogni intenzione, al disopra di ogni altra di poter mostrare tutta la propria fiducia nel potere di pasquale Amato e di volere sostenere e guardarsi il proprio baritono con ogni altro davanti al pubblico. Il sentimento fu chiaramente spiegato quando Amato apparve avanti al velario per cantare il prologo di Pagliacci. Il pubblico che gustava ogni nota di Amato lungo tutta l’aria, scattò in un grande applauso prima della frase finale. Quando l’ultima nota fu finita l’entusiasmo si estese a tutto il teatro. Ma il baritono stella del Metropolitan non arrestò la sua fine e superlativa capacità artistica qui. Finito il prologo, nell’interpretare la parte di Tonio Amato dimostrò che egli non solo ha la più grande voce di baritono, ma che le sue risorse musicali ed artistiche possono resistere ai migliori confronti.

 

EVENING POST:- Il signor Amato quale Tonio stranamente truccato a la Chaliapine, dimostrò che anche lui può lanciare le note e far giù valanghe di applausi.

 

NEW YORK PRESS:- Quale meraviglia iersera il teatro era al completo, è forse possibile resistere alla tentazione di assistere a una recita di Cavalleria e Pagliacci quando sono insieme tre potenti cantanti quali Caruso, Amato, Destinn? Iersera una nuova attrattiva si aggiunse e fu la Bori. Amato fu accolto da una lunga e spontanea dimostrazione che non potrà facilmente dimenticare. Se qualche dubbio poteva esistere delle grandi simpatie che l’Amato gode egli ne ebbe una bellissima prova iersera e le numerose chiamate al proscenio possono cancellare ogni malinteso. Inquestionabilmente molti degli abbonati di Giulio Gatti-Casazza vollero dimostrare che essi valutano Amato come se fosse pagato tre volte di più di quello che è al presente. La sua drammatica e efficace esecuzione ha bisogno di eccitazione di altri sentimenti per imporsi impressivamente.

 

MORNING TELEGRAF:- La ricca e sonora voce di Amato fu intesa nel prologo con tanta eloquenza che la delizia provata dall’udienza avrebbe voluto far prevalere l’idea del bis. Non riuscendo ad ottenere questo, essi si accontentarono di chiamarlo alla ribalta molte volte. La doppia personalità di cupidigia e gaiezza quale uomo e scemo fu esplicata da Amato in quella maniera felice che gli è propria.

 

JOURNAL OF COMMERCE:- Amato che dopo il prologo ottenne una ovazione non meno clamorosa di quella accordata a Caruso, cantò ed aagì la parte di Tonio con la sua abituale raffinatezza artistica.

 

NEW YORK TRIBUNE:- L’altro avvenimento notevole fu il canto superbo di Amato nel prologo. Forse vi era nell’aria il ricordo di qualche voce e qualche canto della sera precedente e fu per questo che il pubblico prese la occasione per informare il signor Amato con grande enfasi che esso apprezza sempre la sua bellissima voce, una voce di timbro più ricco e di calibro baritonale più puro di quella che fu evocata con tante frenetiche dimostrazioni la sera precedente. Il signor Amato fu chiamato cinque volta alla ribalta dopo il prologo da tutta l’udienza del Metropolitan.

 

NEW YORK TIMES:- Il canto del signor Amato nel prologo fu il segnale per un’altra dimostrazione di insolito calore ed effusione che non aveva altro significato a parte di quello che l’occasione per se stessa presentava.

 

NEW YORK SUN:- Amato come era da immaginarselo nel prologo non si tenne per lui il suo meglio, iersera. Nel prologo egli dimostrò che le frasi larghe e la note acute non occorre importarle da Filadelfia e che nella locale compagnia esistono tuttora brillanti e poderosi elementi.

 

Tratto dalla Rivista Teatrale Melodrammatica del 9 gennaio1913

 


 

PASQUALE AMATO

I suoi trionfi al Teatro Metropolitan di New York

 

Per comprendere l’entità del successo ottenuto da Pasquale Amato nel corsodella stagione di quest’anno al Metropolitan - scrive l’autorevole rivista Il Carroccio - bisogna pensare alle peculiari circostanze in cui egli si ripresentava al pubblico dopo un anno di assenza.

 

L’impresa aveva messo al suo posto, l’anno scorso, uno dei più reputati baritoni che conti l’arte: un giovane cantante dotato di mezzi eccellenti ed artisticamente aggressivo: cioè arso dalla volontà di farsi strada a qualunque costo e di richiamare su di sé l’attenzione più intensa del pubblico nord americano, come avea richiamato quella del pubblico sud americano. Ma non fu possibile al nuovo appannare della menoma ombra il ricordo smagliante dei successi di Pasquale Amato, ed immensa fu la gioia degli ammiratori del grande baritono, quando fu visto rientrare l’insigne artista nella pienezza dei suoi mezzi e nella rigogliosa maturità della sua arte.

 

La stagione di Pasquale Amato è stata quest’anno laboriosissima.

 

Il pubblico si è così rifatto dell’assenza dell’anno scorso, ch’era stata vivamente sentita.  Ha acclamato il suo grande baritono con calore ch’era non solo ammirazione, ma affettuosità. Il pubblico del Metropolitan ha questo di singolarmente simpatico: quando ammira un artista, esprime tale sentimento attraverso un’amicizia confidente che crea un legame che non è facile infrangere. Difficilmente si dona, questo pubblico: ma quando si dona, lo fa con un fervore del quale il cantante può non solo inorgoglirsi ma rendersi forte. E Pasquale Amato è tra i preferiti. La preferenza di questo pubblico, credetelo, non si conquista se non per legittime ragioni d’arte, e dopo lunghi anni di prove. Baritoni di fama e di valore ne ha bene liquidati il minotauro del Metropolitan! Abbiam veduto nel breve corso d’una stagione il declinare improvviso e inappellabile di cantanti che l’Europa ed i nostri cugini latino-americani avevano turibolati  fino al delirio. Tra il beffardo e il crudele, questo pubblico (che molti artisti credono ingenuamente di poter épater) lacera reputazioni, sopprime nomee e qualche volta stronca carriere. D’alta parte se il cantante ha una propria personalità, e se “incontra”, egli fa del pubblico quel che vuole, ma a condizione che non si fermi, che migliori, che faccia della sua arte canora una fonte di sempre nuove emozioni.

 

Pasquale Amato, con pochi altri, l’ha questa “presa” sul pubblico del Metropolitan. Perch’egli è non soltanto un cantante magnifico; ma un attore di intelligenza senza pari.

 

Non facciamo torto a nessuno dei grandi colleghi di Amato - due dei quali oggidì hanno titoli di primissimo ordine e mantengono salda intorno al loro nome la larga simpatia della sala del Metropolitan - se diciamo che alcuni ruoli non possono essere fatti che da Pasquale Amato. V’è oggi sulla scena una maniera “amatiana” che può essere presa a modello: è quella maniera diremmo quasi “eroica” di cantare, esprimendo traverso la voce le tempeste che la passione fa rombare in un’anima. La voce, in quel punto, può divenire rude, aspra, sferzante, ferrigna. Ma l’effetto è infallibile, e l’emozione, ecco, è comunicata alla sala aspettante, è suscitata in mille petti.

 

Prendiamo Zazà. Incarnando “Cascat” Pasquale Amato ha finezze psicologiche che possono sfuggire anche al più scaltro attore della scena di prosa. Vediamolo quando interpreta la parte di “Michele” Tabarro pucciniano; quando crea  “Atanaele” in Thais, eclissando mille Renaud; quando foggia “Manfredo” nell’Amore dei Tre Re; vediamolo quando spiritualizza il personaggio di “Amfortas”, quando fa del Corso, nella San Gêne, un medaglione vigoroso; quando dà anima e nervi alla figura immortale di “Cyrano”. E riconosciamo che in tali parti non ammette confronti.

 

Li ammette, invece, in altre. D’accordo! Ma quale è il cantante perfetto in tutti i ruoli ch’è chiamato a “coprire”?  Ed è concesso ad un cantante  il dono divino di essere nella pienezza assoluta dei propri mezzi tutte le volte che debba apparire in pubblico? E dunque bisogna essere grandissimi, ciò che in assoluto nessuno è, quando invece si può essere e si è nobilmente e veramente grandi?

 

Quando si fa dell’arte un sacerdozio di tutte le ore, sulla scena e fuori scena, e non un traffico o una caricatura?

 

Con gli applausi che Pasquale Amato ha raccolti in quest’anno, il pubblico di New York ha inteso senza equivoco di riaffermare al baritono insigne la soddisfazione provata nel partecipare dell’irradiazione sempre fulgida della sua arte. E egli ha espresso la soddisfazione di riaverlo, al posto che gli spetta, sulla grande ribalta americana, nelle parti di grande repertorio in cui egli si mantiene fedele alle più alte tradizioni della scena lirica; ed in quelle in cui particolarmente - per virtù della sua ricca voce e della sua scena impressionante - imprime il suo sigillo incisivo.

 

Pdb. 

 

Tratto dalla

Rivista teatrale Melodrammatica n°16 anno 58 del 30 giugno 1920

 

 


AMATO TRIONFA NEL "FALSTAFF" AL TEATRO VERDI DI FIUME

 

Gli artisti quando hanno raggiunto una notorietà e conquistato l'amore del pubblico, hanno il trattamento dei grandi, degli eroi.

    Generalmente. La loro identificazione, viene fatta con il loro cognome.

    Questo privilegio non si dà a caso: bisogna avere diero di sé una fama incontrastabile.

     E Amato se ne è fatta una solidissima di popolarità e di potenza singolari.

     Giorni sono, abbiamo avuto il piacere di rivedere l'illustre baritono Amato, reduce dal recente suo trionfo si Fiume, la città martire, che soffre e lotta per la sua italianità.

    Lo abbiamo trovato raggiante: sul volto maschio e bonario, si disegnava, come per incanto, il sorriso vivo ed arguto di Falstaff.

    Gli abbiamo tesa la mano. Abbiamo stretta la sua nella nostra. E gli abbiamo detto:

    - Rallegramenti: il suo successo è stato veramente grande: non poteva, certo, fare una più splendida rentrée in arte.

    Amato, sempre col sorriso vivo ed arguto di Falstaff, non rispose: si strinse nelle spalle, con garbo di eccessiva modestia: quella modestia che, del resto, gli è tanto abituale.

    Successero, quindi, pochi istanti di silenzio, a rompere i quali li chiedemmo:

    - Scusi commendatore, vorremmo fargli una domanda, anche a costo di parere inopportuni. Permette?...

    La fisionomia dell'Amato acquista una improvvisa espressione scenica, una personalità magnifica una maschera dolce e bonari, ed assente con semplici cenni del capo.

    - La domanda è questa: Perchè fra i tanti teatri che si disputavano il vanto di averlo nei loro spettacoli, diede la preferenza al verdi di Fiume?

    - Rispondo subito: furono i ricordi, i cari ricordi della mia carriera, che mi vinsero…

    - Sarebbero?...

    - Prima di tutto (è l'ho ricordato sempre con piacere) fu a Fiume che quasi esordiente, cantai in Fedora, e misi da parte i primi risparmi della carriera d'artista;fu a Fiume  (e il ricordo caro mi cresce davanti come un grande tesoro) che nacque mio figlio Mario; fu a Fiume, che tornai l'anno dopo, interprete di Tosca, di Rigoletto e diGermania, guadagnandomi nuove e generali simpatie; a Fiume infine, come a un faro luminoso in distanza, io tenni sempre fiso lo sguardo, ed ammirai tutto il fervore della sua italianità, santamente patito, eroicamente proclamato, e…

    - Decise di fare la sua rentrée sulle scene del teatro di Fiume… ove portò un caldo raggio di italianità coll'ultima opera di verdi: Falstaff, come lo portò (non sono molti anni) nelle memorabili rappresentazioni di Falstaff, dirette da Arturo Toscanini, a Busseto, il glorioso paese di Giuseppe Verdi.

    - Ricordo caro, indimenticabile anche questo, mormorò Amato, fermandosi sulla via…

    In quei mentre, a tutta corsa, giunge un ricco e bellissimo automobile: è quello del comm. Amato.

    Una nuova stretta di mano - e questa volta nel nome e nel desiderio di Fiume italiana - e poi la macchina sparisce, con Amato, filando verso la splendida sua villa di Cesenatico.

    E il grande mattacchione di Falstaff non c'è più!...

    Rientrando, quasi subito, nello studio, osservo, commentando:

    - Rimane la gloria!

T.

 

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Da "LA VEDETTA D'ITALIA"

LA PRIMA DEL "FALSTAFF" A FIUME

Una manifestazione d'arte e di italianità

 

Tra i capolavori di quel titano ch'è Giuseppe Verdi, grande tra i grandissimi che hanno onorato e onorano la Patria e l'umanità, Falstaff, ultimo raggio della sua mente, è certamente l'opera che noi ascoltiamo con più commossa meraviglia. Pensino gli esegeti, analizzatori e soppesatori pazienti, a stabilire se in altre sue opere ci sia maggior somma di creazione pura o, come dice la gente pratica, di materia prima. Certo Falstaff è l'opera verdiana che per perfezione formale e cura dei particolari supera tutte le altre. Ma soprattutto commuove il considerare come, dopo tante creazioni dense di passione drammatica, Verdi abbia composto il tumulto della sua anima così profonda  nell'espressione dell'amore e del dolore nella serenità ilare e gioconda di questi tre atti che ridono, sorridono, scherzano inimitabilmente arguti  e soavi. Così, serenamente, sanno morire soltanto i giusti; tutto hanno visto, provato, sofferto: amore e dolore hanno insegnato ad essi grandi parole e buone; ma nella tarda sera scende ad essi nel giusto cuore la pace; e il tramonto somiglia all'aurora.

   Per una coincidenza fortunata, abbiamo avuto il piacere di sentire quest'opera del genio italiano il XXI aprile: il giorno consacrato, nell'Italia risorgente alla celebrazione del lavoro nazionale, cioè del suo genio; e la festa dell'arte è riuscita così anche una festa di italianità.

    Nello squallido grigiore di questo periodo della vita fiumana, mentre lo spirito della nostra gente è ancora aduggiato d'ombre mal diradate dalla nuova aurora, questa festa d'arte italiana è stata veramente un'ora di dolce e confortante riposo.

    Il teatro aveva l'aspetto fastoso e solenne dei giorni migliori: affollato da cima a fondo da un gran pubblico che mostrava chiaramente nel suo contegno di intendere il valore ideale della solennità.

    E la Marcia Reale e l'inno della "Giovinezza" d'Italia, eseguiti dall'orchestra prima del primo e del secondo atto, furono ascoltati e applauditi in piedi col calore entusiastico dei tempi più pieni di passione e di speranza.

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Il posto d'onore nel parlare degli esecutori va riservato al maestro Edoardo Mascheroni. Per interpretare degnamente un capolavoro occorre essere sorretti da grande amore oltre che da grande studio; e nessun maestro in Italia potrebbe affermare di amar più e meglio questa meravigliosa opera e di averla studiata più a lungo. Giuseppe Verdi in persona ha fornito al maestro che primo diresse l'opera quando fu rappresentata la prima volta alla scala nel 1893, tutte le indicazioni necessarie alla giusta interpretazione. E da allora questo grande direttore d'orchestra ha diretto Falstaff innumerevoli volte.

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Del resto il pubblico sapeva quanto merito spettasse a lui quando l'accolse con un caloroso applauso prima che si iniziasse lo spettacolo.

    Falstaff è un'opera che, per quanto riguarda l'esecuzione, si regge soprattutto sull'orchestra e sul protagonista, nonostante che le parti principali siano numerose e importanti.

    Ora Falstaff non può essere interpretato se non da un artista che sia un grande cantante e un grande attore. Pasquale Amato, che il nostro pubblico ricordava con ammirazione e con affetto, è l'una e l'altra cosa.

    Come attore e come cantante egli dà magnifico rilievo al personaggio: la voce robusta, estesa, pieghevole a tutte le sfumature, non potrebbe essere meglio adatta al personaggio; ne sapremmo immaginare la parte diFalstaff cantata in modo diverso da come la canta lui, pur essendo evidente che la sua interpretazione ha delle caratteristiche personali chela differenziano da quelle di altri artisti.

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Il successo fu schietto, sincero, caloroso. Qualche spunto di applausi a scena aperta al comm. Amato, alla Dandolo, alla Bardelli, alla Rota e, domenica sera, anche al baritono Federici, subito interrotto (l'applauso) perchè la struttura  dell'opera non consente pause nel suo svolgimento; e acclamazioni ripetute e insistenti alla fine di ciascuno dei sei quadri. Innumerevoli volte tutti gli esecutori dovettero presentarsi al proscenio insieme col maestro Mascheroni ch'è - ripetiamo - il grande animatore dello spettacolo.

 

 

Da "LA VEDETTA D'ITALIA"

La terza rappresentazione di "Falstaff"

 

Abbiamo dedicato, ieri, una pagina intera alle due prime rappresentazioni di Falstaff, e se il tempo e lo spazio lo consentissero, potremmo, anche stanotte riempire non una pagina ma l'intero giornale e più ancora, tante sono le bellezze di questo capolavoro che i fiumani hanno con maggiore entusiasmo applaudito ieri sera nella sua terza rappresentazione.

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La musica è un incanto. Tutta l'opera è un incanto.

    Gli applausi - l'abbiamo già detto - sono stati ripetuti e calorosi, più che nelle prime rappresentazioni, e per gli artisti e per il maestro.

    L'impareggiabile artista che risponde al nome di Pasquale Amato, è un meraviglioso Falstaff. Che accuratezza nel suo canto, nei suoi movimenti; in tutto! È l'artista veramente degno d'interpretare un capolavoro di questa grandezza. Per la cronaca: il teatro era gremito.

 

 

Da "LA VEDETTA D'ITALIA"

La quarta rappresentazione di "Falstaff"

 

Il capolavoro verdiano desta sempre più interesse - noi l'avevamo preveduto - e, naturalmente, aumentando l'interesse aumenta - se ciò è possibile dopo il trionfo della prima rappresentazione - anche il successo.

    Non ci soffermeremo più sull'opera. Ne abbiamo parlato nei giorni scorsi con entusiasmo e ne potremmo, con più grande gioia, riparlare ancora tant'è la sempre nuova emozione che ogni rappresentazione ci dà, tante sono le bellezze che aumentano, si moltiplicano, ad ogni replica, e non ne riparliamo chè ormai, dopo quattro rappresentazioni, non c'è fiumano che non abbia ammirata e applaudita l'opera.

    Torniamo invece brevemente sugli artisti che l'opera interpretano. Brevemente perchè  avendo già detto ottimo il complesso artistico che agisce oggi al nostro Massimo - complesso che raramente può, anche nei teatri che vanno per la maggiore, essere messo assieme - ci ripeteremo troppo. E noi con tutta la nostra volontà buona, riusciamo ad eliminare nelle ripetizioni, ricorrendo alla brevità, solo il "troppo", chè i vocaboli di lode li abbiamo esauriti, li abbiamo usati tutti.

    D'altra parte il ripetere più volte una lode è voler rafforzare la medesima. E il nostro scopo è appunto questo.

    Pasquale Amato è l'artista degno di interpretare Falstaff. Il suo valore è indiscutibile. E la sua valentia non è soltanto riconosciuta in Italia.

    Ma se il baritono comm. Amato non fosse ancora una celebrità in arte, basterebbe l'interpretazione che lui fa del capolavoro del Cigno di Busseto, per portarlo di colpo a quel posto a cui degnamente è salito da molti anni.

    Noi, ora non possiamo immaginare un Falstaff diverso da quello presentatoci da pasquale Amato. E prima di sentirlo non potevamo nemmeno immaginare ci fosse un artista capace di incarnare con tanta perfezione ed accuratezza un personaggio così difficile qual è il protagonista di questa immensa opera.

    Pasquale Amato è grande come baritono, ed è grande come attore. Se uno di questi pregi fosse minore dell'altro Falstaff, non sarebbe più perfetto.

    Come baritono, senza volerci soffermare sui suoi invidiabili mezzi vocali chè non è questa l'opera in cui tali mezzi possono essere messi in evidenza, è di una grazia incomparabile; come attore è superbo; il suo viso non potrebbe essere più espressivo; la sua comicità non potrebbe avere sul pubblico maggiore efficacia.

    È insomma - altra parola non c'è - perfetto. Ed è tale anche nella sua truccatura: la sua testa è un poema di giocondità arguta, satirica; la sua pancia non poteva essere architettata con più comicità e con maggiore senso di misura, si da non far diventare il personaggio deforme, antiestetico.

    Stasera riposo. Domai con la quinta del Falstaff, turno A, serata in onore del commendator Pasquale Amato.

 

 

Da "LA VEDETTA D'ITALIA"

Per la serata in onore di Amato

 

In occasione della serata in onore del celebre baritono comm. Pasquale Amato, che avrà luogo sabato 28 corr. alle ore 21al teatro Verdi di Fiume con la rappresentazione dell'opera Falstaff, la Società Fiumana di navigazione "Costiera", er speciale interessamento della Direzione teatrale, effettuerà dopo la recita una corsa straordinaria toccando Volosca, Abbazia e Laurana, per dare così la possibilità ai cittadini della Riviera del Carnaro di intervenire alla grande manifestazione d'arte.

 

 

Da "LA VEDETTA D'ITALIA"

La quinta rappresentazione di "Falstaff" in onore del comm. Pasquale Amato

 

Dopo i momenti  d'entusiasmo e di commozione provati al nostro Comunale ieri sera, è umanamente impossibile scrivere dettagliatamente quali sono state le feste che il pubblico ha fatto al baritono comm. Pasquale Amato che con la quinta del Falstaff ha avuto la sua serata d'onore.

    Facciamo grossolanamente la cronaca della serata: chè facendo la cronaca vera e propria non occorre ritornare sui meriti, e soprattutto sull'arte, di questo artista che è onore e vanto d'Italia.

    Pasquale Amato è stato salutato, al principio del primo atto con un lungo, affettuoso più che caloroso, applauso. Ed ai due finali di parte dello stesso atto, con la stessa intensità, gli applausi si sono molte volte ripetuti.

    Ma l'entusiasmo del pubblico ha raggiunto il punto massimo al finale della prima parte dell'atto secondo. All'illustre artista sono stati lanciati dai palchi e dalla platea centinaia di piccole corone di alloro, legate, alcune, con nastri dai colori della bandiera italiana.

    Il pubblico in piedi nei palchi e nella platea ha insistito nell'ovazione per più di dieci minuti. Il sipario si è levato per ben sette volte. Ed ogni volta fra il delirante ed assordante rumore dei battimani si sono levate grida di evviva Amato.

    E l'illustre seratante si è commosso. Abbiamo scorto sul viso comico di Falstaff una contrazione che è servita all'artista per frenare le lacrime; abbiamo visto i suoi occhi luminosi di gioia, inumidirsi. E non certamente per il trionfo, chè il celebre baritono di trionfi ne ha ottenuti in tutti i teatri che hanno avuto l'onore di ospitarlo; ma perchè quell'applauso gli ricordava i successi riportatati nello stesso teatro e, nella maggior parte, dallo stesso pubblico concessi, quando i fiumani festeggiando gli artisti italiani di valore, festeggiavano i rappresentanti genuini dell'anima italiana.

    Al finale della prima parte del terzo atto, Pasquale Amato, per ringraziare, ha sventolato un fazzoletto tricolore che ha ripetutamente baciato. Ciò ha provocato un delirio. Grida di evviva l'Italia evviva Amato! Sono stati urlati ripetutamente dal pubblico.

    Naturalmente gli applausi si sono ripetuti negli altri finali.

    Ed ora è giocoforza trattenersi, sia per poche righe, sulle doti elette dell'artista seratante. Basterebbe - e l'abbiamo già detto - la cronaca; ma non è sufficiente, chè un grande artista palesa sempre qualche nuovo pregio, come il Falstaff palesa sempre nuove bellezze.

    Dicemmo che Pasquale Amato riesce a interpretare Falstaff con tanta perfezione, perchè , oltre ad essere un grande cantante è anche un grande attore. E la perfezione è in tutto: nei dettagli, nei piccoli, e non insignificanti, particolari.

    Ecco perchè senza volerci trattenere sui pezzi, se così si possono chiamare, della parte di Falstaff quali l'apostrofe sull'onore, la ballatella: Quand'ero paggio ecc. che Amato canta  e dice meravigliosamente, diamo rilievo agli effetti che il seratante ricava dai dettagli.

    Quanta ilarità infonde nel pubblico quel Lo so! In risposta all'affermazione di Quikly: siete un gran seduttore!che Amato dice con una grazia comicissima e che accompagna con un gesto, che non si può descrivere, ma che è molto indovinato.

    E quel cioè e perchè della seconda parte del secondo atto? ed il c'entro c'entro!?

Dettagli che Pasquale Amato sfrutta da grande artista qual'è , ricavando bellissimi effetti.

    E potremmo continuare per un pezzo, se il tempo e lo spazio lo consentissero. Ma così non è.

    Ammirati e festeggiati col seratante la Dandolo, la Bardelli, la Rota, la Ravlli il Rodati e il Menni. Festeggiatissimo anche il valente maestro Mascheroni.

    Il comm. Pasquale Amato ha ricevuto ricchi doni con bellissime dediche; dalla direzione del teatro, dagli'impresari Milli-Vidali, dall'avv. Diego Arich, dal sig. Legnani.

    Questa sera sesta di Falstaff.

 

Tratto da: La Rivisista teatrale melodrammatica numero 11 (2873) anno 61 del 19 maggio 1923.